La Cerchia si ripropone di rievocare le antiche gesta di una compagnia di picchieri: soldati equipaggiati con le caratteristiche picche, lunghe armi ad asta di quattro metri e venti, accompagnati da moschetti a miccia, musici, alfiere e vivandiere. Ciò che distingue nettamente la picca dalle altre armi bianche ed armi in asta è indubbiamente la sua lunghezza (che normalmente varia tra tre e cinque metri, fino a raggiungere in alcuni casi sei o sette metri).

Era necessario costruire picche così lunghe per poter contrastare a distanza il nemico e per arrestare le cariche condotte dalla cavalleria. Il legno per un asta così lunga doveva essere piuttosto forte e robusto, quello generalmente utilizzato era il frassino ben stagionato. Si rastremava l’asta verso la punta, in modo da prevenirne la curvatura nella parte terminale, fattore comunque impossibile da eliminare completamente (e che rimase sempre una caratteristica delle picche, specialmente quelle di maggior lunghezza).

L’utilizzo della picca implicava l’organizzazione di formazioni di molti fanti a stretto contatto fra loro, in modo tale da riuscire a presentare almeno tre file di picchieri con le picche indirizzate verso il fronte nemico. La lunghezza delle picche rendeva tale arma pressoché inutilizzabile in un corpo a corpo, per cui gli uomini armati di picca spesso potevano essere equipaggiati anche di altre armi bianche, per sostenere lo scontro ravvicinato (daghe, coltelli, lunghi chiodi). Un particolare tipo di fante, detto “doppio soldo” perché in caso di sopravvivenza riceveva il doppio compenso rispetto al normale fante picchiere, era munito di un lungo spadone a due mani ed il suo compito era di buttarsi nella mischia per spaccare le picche avversarie .

L’impiego della picca consisteva nel presentare al nemico una selva appuntita di armi, tenendolo così a distanza. In caso di attacco di cavalleria veniva assunta una formazione chiusa, detta “a riccio”, spesso in cerchio o in quadrato in modo da presentare le armi su tutti i lati. La picca veniva quasi piantata a terra (sostenuta dal piede sinistro) ed inclinata verso il nemico (estendendo il braccio destro) in modo da infilzare il cavaliere (o il cavallo) se questi avesse osato avvicinarsi troppo. Tale tattica basilare risultava semplice ed efficace; si potevano in tal modo impiegare anche truppe non sufficientemente addestrate (come ribelli o milizie), facendo loro puntare l’arma verso il nemico e rimanendo in posizione stazionaria.

Truppe meglio addestrate potevano impiegare la picca anche in azioni offensive, campioni di tali tecniche erano i reggimenti svizzeri. In questo caso le truppe assumevano una formazione chiusa (serrata) facendo sì che almeno le prime tre file puntassero le proprie armi contro il nemico, mentre le successive tenevano le proprie armi alzate, pronte a riempire i vuoti dovuti alle perdite. Una tale formazione avanzava minacciosamente a picche spianate e dove le picche tenute verticalmente erano più fitte, era garantita anche una certa protezione dal lancio di frecce. Per poter filologicamente rievocare tale tecnica di battaglia, occorre addestrare i picchieri in modo tale che utilizzino l’arma senza intralciare i propri compagni di squadra. Il primo picchiere combatte sostenendo l’arma ad altezza della propria anca, il secondo combatte sostenendo la picca sopra la spalla del primo picchiere, il terzo combatte sostenendo la picca sopra la testa dei primi due picchieri.

Ne conviene che il raggio d’azione dei picchieri sia molto limitato, considerando il fatto che si combatteva serrati sui fianchi dai propri compagni di fila. A fianco di grosse unità di picchieri, erano sempre presenti uno o più sergenti, il cui compito era quello di mantenere l’ordine di formazione, impedendo che si formassero pericolosi vuoti di organici. Le formazioni impiegate avevano tuttavia alcuni gravi svantaggi: la formazione offensiva a falange, pur presentando un muro di picche quasi impenetrabile sul fronte, era molto vulnerabile sui fianchi e sul retro, sicchè un attacco sferrato in questi punti poteva portare facilmente alla rottura della formazione, in seguito alla quale i picchieri perdevano ogni efficacia.

Inoltre, l’assoluta necessità di impiegare formazioni chiuse portava ad una estrema vulnerabilità nei confronti delle armi da fuoco e delle artiglierie in genere, che potevano facilmente concentrare il fuoco su queste grosse e lente formazioni causando perdite molto gravi. Nonostante l’uso della picca fosse in declino già a partire dalla Guerra dei trent’anni, il fattore che ne causò il definitivo abbandono fu l’invenzione della baionetta alla metà del XVII secolo. Con la baionetta, infatti, veniva data al moschettiere la possibilità di difendersi senza necessità di truppe di supporto dotate di armi bianche.
L’Associazione La Cerchia è in grado di allestire un campo storico formato da grandi tende comando, tende truppa, velario di quarantotto mq sotto i quali sono allocate panche, tavoli, rastrelliere per i moschetti e tutto ciò che caratterizza un campo storico militare.
Dopo le battaglie, tutto il gruppo storico riempie di vita le piazze, esibendosi in spettacolari coreografie di danze tradizionali occitane, francesi e piemontesi, talmente festosi da coinvolgere attivamente gli spettatori presenti. Si propongono anche divertenti scenette con i nostri attori.
La bandiera occitana del 1600

Diverse sono le bandiere ed i tamburi che accompagnano i picchieri, gli archibugieri, i fanti leggeri, le vivandiere ed i mestieranti (fabbri, armaioli, ecc.) a seguito dei soldati.
Fra queste, la più importante è la bandiera “Colonnella”, creata dal valido ricercatore Davide Grassi su commissione comandante Mauro Argelli, nel 1998.
La bandiera, oltre a riportare la croce occitana di color giallo vivo su fondo rosso, ha sugli angoli le tipiche fiamme, elemento assi ricorrente sulle bandiere del 1600.
Vi sono riportate le scritte Ousitanio (Occitania) e Chastelmanh (Castelmagno) elementi geografici identificanti la provenienza della compagnia stessa.
La bandiera, donata dal comandante in occasione della manifestazione storica di Alpignano del 1998, per un caso fortuito si è macchiata di sangue nemico, proprio durante la prima battaglia cui ha partecipato; quasi come se fosse il suo destino essere protagonista di fatti belligeranti.
La bandiera “Colonnella” porta tale nome poiché il grado di colonnello era il più alto grado al quale un comandante di un reggimento potesse aspirare. La Colonnella è il simbolo identificativo di tutta la Compagnia.
